La fermentazione delle Olive Taggiasche

Ne hai già sentito parlare, le vedi sullo scaffale, le acquisti, le assaggi. Lo so, sono buonissime, ma sai come si producono le Olive Taggiasche in salamoia?
Se non lo sai sei nel posto giusto. In questo articolo proverò a raccontarti qualche curiosità sul processo che porta le olive dalla pianta al vasetto: il dovere mi impone di essere breve, se però hai qualche altra curiosità ti aspetto in frantoio!

L'oliva fresca non ci piace!

Hai mai provato ad assaggiare un'oliva raccolta direttamente dall'albero? Se lo hai fatto puoi capire perfettamente quello di cui sto parlando, se non lo hai fatto prendimi in parola e risparmia alle tue papille gustative un'esperienza gastronomica spiacevole.
L'oliva fresca infatti, per via dell'altissimo livello di polifenoli contenuti (tra i quali spicca per presenza e per importanza l'Oleuropeina), presenta un gusto molto amaro. Non fa male, non è pericolosa, è semplicemente non buona.
Il processo di produzione, che non a caso si chiama tecnicamente "deamarizzazione", è l'insieme di azioni necessarie a rompere la molecola di Oleuropeina e, quindi, a permettere una drastica riduzione del gusto amaro.

L'oliva Taggiasca è un prodotto fermentato!


Sebbene esista più di un metodo per deamarizzare le olive, per l'Oliva Taggiasca si utilizza il sistema più tradizionale e salubre: la fermentazione. Le olive infatti, dopo essere state lavate e divise per grandezza vengono immesse in fusti (detti fermentatori) di dimensioni variabili e coperte con salamoia.

La salamoia è una soluzione di acqua e sale in percentuale variabile compresa tra l'8 e il 12%, ambiente particolarmente favorevole allo sviluppo di batteri lattici per lo più appartenenti al genere Lactobacillus. In pochissimi giorni questi ultimi passando dal 1 all’80% della carica microbica totale della salamoia diventano dominanti e danno vita al processo fermentativo.
L’attività metabolica dei batteri lattici (ossia la fermentazione) porta da un lato alla rottura della molecola di Oleuropeina, dall’altro alla produzione di acido lattico.

L’acidità della salamoia risultante dalla fermentazione unitamente alla concentrazione salina impediscono lo sviluppo di batteri indesiderati e/o patogeni, rendendo le olive in salamoia un prodotto estremamente stabile e sicuro.
Una volta terminata la fermentazione si possono mangiare tali e quali, denocciolate in olio oppure tritate in crema. A te la scelta!
 

La fermentazione delle Olive Taggiasche Boeri


A noi Boeri non piace “vincere facile”. Per deamarizzare le nostre Olive Taggiasche infatti ci affidiamo alla cosiddetta “fermentazione spontanea”, ossia il processo fermentativo portato avanti dai Lieviti e dai Batteri lattici naturalmente presenti sulla buccia dell’oliva e sulle pareti del fermentatore.
Questo processo, assimilabile alla produzione del pane con lievito madre, evitando l’utilizzo di colture starter genera una fermentazione più lenta e difficile da gestire (la cui durata varia tra i 4 e i 6 mesi), ma garantisce la creazione di un bouquet aromatico estremamente complesso e piacevole.

Il prodotto di conseguenza non è standardizzabile e porta con sé il segno inconfondibile della mano del frantoiano. Un prodotto, quindi, in pieno stile Boeri: Artigianale è sempre meglio. Artigianale non è però antico bensì autentico. È artigianale un prodotto nel quale si rintraccia il tocco e la maestria dell’artigiano che lo ha creato.